L’Italia del vino vista dalla Polonia

In questo articolo del nostro magazine dedicato al vino, ritorniamo in Polonia. Parliamo con un grande critico di vino, e caporedattore della rivista Fermento: Tomasz Prange-Barczyński. A voi un’altra interessante prospettiva sul vino e la Polonia.

Qual è stato il tuo primo contatto con il mondo del vino italiano e cosa ricordi maggiormente delle prime bottiglie che hai provato? (sapori, profumi, vitigni…)

Onestamente, non ricordo esattamente il mio primo vino italiano, però ricordo che nel 1992 ho colto l’occasione per andare in Italia con la mia futura moglie con lo scopo di assaggiare vini locali delle regioni che stavamo attraversando. Siamo partiti dal Raboso da qualche parte vicino Venezia per finire, forse, con il Fiano e il Greco accanto a Napoli. Quello che ricordo con certezza e ciò che mi ha reso un fedele amante e ambasciatore del vino italiano e dell’Italia in Polonia è stata la diversità, la molteplicità di varietà, regioni, stili. Negli ultimi trent’anni sono stato più di duecento volte in Italia e ho sempre qualcosa di nuovo da scoprire.

Tomasz Prange Barczynski

Se tu potessi dare un consiglio ai produttori di vino italiani che vogliono crescere e, magari, essere conosciuti in Polonia, quale sarebbe? Anche più di uno ovviamente…

I polacchi di oggi hanno iniziato la loro avventura nel vino quasi da zero dopo il 1989, animati dall’amore per il viaggio e la scoperta di cose nuove. Lo svantaggio è il consumo relativamente basso di vino nel nostro paese. D’altra parte, si deve sapere che c’è una grande differenza tra le città più grandi e il resto del paese. In posti come Varsavia, Cracovia, Poznań o Danzica abbiamo una fiorente cultura del vino, con molti wine bar, una giovane generazione di sommelier ben istruiti con una formazione internazionale. La cosa più importante è che i polacchi non hanno pregiudizi e sono aperti a nuove esperienze. Hanno solo bisogno di essere guidati. Gli italiani, come nessun altro Paese, hanno fatto un lavoro enorme per promuovere il vino in Polonia e intendo da una parte gli stessi produttori, consorzi o associazioni e dall’altra enti locali o governativi. Quindi, per concludere, la Polonia è un grande mercato, ma il vino non si vende da solo. Devi essere presente, supportare i tuoi importatori, organizzare degustazioni e presentazioni e sicuramente troverai la tua nicchia anche se produci vino da varietà sconosciute da piccole regioni sconosciute (forse per una parte del mercato sarebbe anche meglio)

I vini del Lazio si stanno facendo conoscere anche in Polonia, quali pensi siano le loro caratteristiche più importanti per gli amanti del vino del tuo paese?

“La mia primissima esperienza di venti anni fa con i vini del Lazio anni fa non è stata esaltante. Al Vinitaly siamo stati quasi obbligati dagli organizzatori ad assaggiare alcuni Merlot prodotti con un uso eccessivo del legno e con importanti sovraestrazioni, noiosi e senza carattere. In realtà, durante il mio ultimo viaggio nella regione, un paio di anni fa, sono rimasto sorpreso da quanto sia varia e ricca la proposta vitivinicola. A partire da Frascati e Cori, con tutte le varietà locali come il Cesanese, il Nero Buono e così attraverso l’Agro Pontino e il nord della regione, la parte più vicina all’Umbria, dove si producono deliziosi vini a base Grechetto. Insomma, non c’è un vino o uno stile laziale, ma decine. E questo è fantastico. Le persone ameranno questa diversità,  con legata all’alto profilo qualitativo con cui vengono prodotti i vini. Ma, ancora una volta, hanno bisogno di essere guidati. Ho parlato con uno dei primissimi importatori di vini laziali in Polonia e mi ha raccontato la breve storia del suo primo ordine, subito dopo la serie di degustazioni fatte insieme al produttore. Giovanna Trisorio  (export manager di Cincinnato, ndr) conosce molto bene questa storia.

Ci sono dei piatti tipici polacchi che si sposano bene con i vini del Lazio?

Sicuro. Sarei felice di gustare un classico “schabowy” polacco (simile alle costolette milanesi, ma di maiale) accompagnato dal Bellone. Il Grechetto andrà benissimo con la frittura di pesci d’acqua dolce come la trota. Sono certo che i nostri classici pierogi, simili ai ravioli ma più grandi, ripieni di funghi e cavoli o carne, andranno bene con il Cesanese, mentre il Nero Buono dovrebbe essere un abbinamento perfetto per il “gulasz”, uno stufato di manzo. Ultimo, ma non meno importante, la versione amabile del Moscato di Terracina sarà perfetta con una pound cake.